Monday, May 22, 2017

Polonia - 15 anni dopo


Mi ritrovo con un po' di nostalgia a riscrivere su questo blog. E' del 2006 il mio ultimo post sulla Polonia ed in occasione di questo mio recentissimo viaggio di una settimana in Slesia  per la comunione di mio nipote Paweł, concluso proprio due giorni fa, mi rendo adesso conto che sono passati più di 15 anni dall'inizio della mia esperienza Erasmus (Ottobre 2001) a Częstochowa. Quante storie vissute, quanti cambiamenti da allora. Colgo l'occasione stavolta per descrivere le sensazioni provate in questo ultimo viaggio: la Polonia è in perenne mutamento e dopo tutto questo tempo, mi permetto di fare una piccola e breve analisi di questo paese che sento ormai di conoscere e che ho così tanto nel cuore; un'analisi che non può prescindere da un confronto con l'Italia e con i luoghi in cui ho vissuto e vivo tutt'ora.

- PROGRESSO E VALORIZZAZIONE DEL PASSATO

Colpisce quanto il progresso e il capitalismo stiano cambiando la Polonia nel profondo. Sono impressionanti e per certi aspetti anche inquietanti lo sviluppo urbanistico, l'aumento e il miglioramento delle strade, l'edificazione di nuovi centri commerciali e ipermarket che cambiano di volta in volta il paesaggio di questo paese. Di terra a disposizione ce n'è in abbondanza e a basso prezzo; il paese ha spalancato le porte alle multinazionali che ormai investono senza tregua e sfruttano tutte le opportunità e il cambio favorevole. Dal crollo del muro di Berlino in meno di 30 anni è cambiato tutto, il benessere e la sovrabbondanza hanno preso il posto della carenza degli alimenti e degli scaffali vuoti del passato. Le condizioni di vita sono enormemente migliorate, la gente ha cominciato ad arricchirsi. Oggi il ceto medio prevale e vive in condizioni buone per gli standard europei, con una disoccupazione ai minimi livelli e un reddito medio che anche se più basso rispetto ai partner dell'Unione, consente ai cittadini di vivere una vita decorosa. Di fronte a tutto questo sviluppo ho trovato anche un'attenzione a valorizzare la cultura e il passato della nazione: perfino una regione come l'Alta Slesia, da sempre polo industriale e carbonifero della Polonia e con poche attrattive, anche per il suo paesaggio desolatamente uniforme e pianeggiante, oggi è oggetto di rivalutazione. Città come Katowice con i suoi agglomerati (Będzin, Tychy, Sosnowiec..) o Dąbrowa Górnicza non sono certo belle, ma si avverte lo sforzo della popolazione nel renderle sempre più accoglienti. Ho potuto visitare ad esempio Chorzòw, proprio nei pressi di Katowice, una volta sede di uno dei 45 sottocampi di Auschwitz, che con lo smantellamento o il ridimensionamento di buona parte dell'industria pesante, oggi vanta uno splendido ed immenso parco con lo zoo, il planetario, la nuova città felice per i bambini (Legendia). O piccolissimi centri come Bobolice o Miròw, dove fino a pochi anni fa c'erano solo rovine di castelli medievali, e dove oggi tornano alla luce le antiche fortezze totalmente ricostruite grazie ad intelligenti iniziative che hanno saputo sfruttare al meglio i fondi europei.









- ATTENZIONE ALLE FAMIGLIE

Quello che più risalta agli occhi appena si ha modo di camminare per le strade o frequentare i posti pubblici è il rapporto tra giovani ed anziani, assolutamente antitetico al nostro. Le strade e i luoghi di lavoro sono pieni di ragazzi. Si respira aria di gioventù ovunque e, soprattutto, è pieno di bambini e di neomamme di giovane età. Mi è capitato di vedere minorenni a spasso da soli, a giocare e a fare la spesa. Non si respira l'aria di terrorismo che si vive qui, i genitori si fidano a lasciare i loro bambini giocare fuori soprattutto nei quartieri più periferici, un po' come succedeva ancora in Italia nei meravigliosi anni ottanta, che io ricordo con grande piacere. Sicuramente nel paese ci sono pochi immigrati e la maggior parte della popolazione è contraria alle politiche di accoglienza dell'Unione Europea. Il governo di destra si è dichiarato pronto a ricevere le sanzioni da Bruxelles piuttosto che accogliere i profughi dall'estero; questo è un dato abbastanza preoccupante: nonostante il massiccio ricorso ai finanziamenti del fondo europeo, ci si dimentica presto delle richieste dall'Europa se ciò può comportare l'insorgere di qualche problema interno. Comunque, c'è attenzione per le famiglie, le città sono piene di parchi puliti e attrezzati, nei quartieri e tra i blocchi c'è sempre una zona dedicata al divertimento dei bambini, con giochi, sabbiere e altalene; gli asili non hanno orari fissi di ingresso e di uscita, si lavora in media fino alle 17:00 quindi si ha più tempo per stare con i propri figli. Nel nuovissimo parco di Myszkòw ho trovato un campo da basket, uno di beach volley, uno da tennis, uno da calcetto, il teatro, la piscina pubblica in costruzione, il percorso running e ciclabile, la zona con gli attrezzi per fare ginnastica e castelli e giochi per i più piccoli. Fa piacere uscire e fare una passeggiata fuori; tanti sfruttano le ore soleggiate per fare un barbecue, un giro al lago o per andare a pesca.
Il clima è meno rigido rispetto agli anni passati, in inverno nevica molto meno, le estati cominciano ad essere torride e le zanzare già in questi giorni di primavera si fanno sentire. Sarà un caso ma abbiamo goduto di 7 giorni di bel tempo con temperature anche di 28 gradi; la Polonia con tutti i suoi boschi e i suoi colori è splendida nelle giornate di sole. Un peccato è la qualità dell'aria rovinata da questo maledetto e insano odore di carbone ancora utilizzato per il riscaldamento dell'ambiente e dell'acqua nelle case. La Polonia è al primo posto in Europa per emissioni di gas a effetto serra e biossido di zolfo, un primato che ha ricadute elevate sulla salute pubblica con 45 mila morti premature all'anno attribuite a questo combustibile. Sembra che dal 2018 con il nuovo decreto antismog almeno nelle città più grandi e altamente inquinate come Cracovia si proibirà l'uso del carbone nei forni e nei locali caldaia.

- CAPITALISMO E SOCIETA'

La Slesia come ho detto è una regione abbastanza priva di ricchezze artistiche e molto industriale. E poi è in larga parte pianeggiante, ci si può perdere facilmente percorrendo le strade in macchina senza navigatore perché si hanno pochi punti di riferimento. Le città non hanno veri e propri centri storici, sono solo agglomerati intorno alle chiese intervallati da boschi e campi coltivati. E' pieno ovunque di villette, alcune veramente deliziose, con i tetti caratteristici a spiovente. Una cosa che contraddistingue molto la società italiana odierna con quella polacca, è che qui una coppia di giovani con uno stipendio "normale" anche se guadagna mediamente la metà rispetto a noi, può anche permettersi di acquistare una villa con giardino. La Polonia non ha mai adottato l'Euro, scelta oculata a mio avviso. Il costo dei terreni e degli immobili è meno di un quarto rispetto al nostro. Gli alimenti, le medicine e la manodopera hanno dei prezzi molto più contenuti; ciò non vale per la tecnologia, le automobili o i beni di lusso. Ovviamente in città come Cracovia o Varsavia la vita è molto più cara.
Tutti sono molto attenti ad accudire i propri giardini, il saper fare da soli in età precoce caratterizza i polacchi che hanno, già da giovani, una manualità sicuramente superiore alla nostra. La cura delle case e dei propri cortili è talvolta morbosa ed esasperata, si è troppo attenti ai metri quadrati del vicino e il materialismo diventa imperante e diffuso. Quest'ultimo fattore insieme ad un crescente consumismo ha le sue ripercussioni anche sui rapporti sociali; con gli anni ho notato un individualismo sempre più presente, si fa più fatica a stare insieme e ci si incontra, come in Italia, sempre più spesso nei supermercati. La semplicità nell'aver poco, lascia il passo alla selezione complessa del superfluo. Alcuni, soprattutto i più anziani e i meno abbienti, hanno perfino nostalgia del periodo comunista; te li ritrovi ancora, magari ubrachi di vodka al mattino, ciondolanti a rovistare tra i rifiuti di un cassonetto.

- UN PAESE IN COSTANTE MUTAMENTO

La sensazione che ho ormai da tempo, è che mentre  l'Italia è ormai sostanzialmente ferma a fare i conti con il proprio passato più fortunato, la Polonia cerca con grande convinzione di liberarsi del ricordo degli anni bui trascorsi e si proietta con grande slancio verso il futuro. E' un ottimismo che traspare anche dalle statistiche, con un grande reflusso di emigrati che tornano a vivere nelle proprie città natie. In fondo le possibilità non mancano, il tenore di vita è equiparato agli altri stati europei e si cerca l'estero non più con lo scopo di cercar fortuna ma semplicemente per viaggiare e divertirsi. In fondo i Polacchi sono orgogliosi del loro paese ed anche nazionalisti. Riescono perfino a difendere il sistema di mono doppiaggio dei film, con la voce narrante. L'attrazione verso il nostro paese c'è e ci sarà sempre, soprattutto ora che sempre più ristoranti dedicano una parte del loro menu alla "kuchnia włoska". E la simpatia che loro provano per noi è sicuramente ricambiata. Anzi, non so cosa succederà nei prossimi 15 anni, ma se continua così credo che sarà sempre maggiore il numero di connazionali che sceglieranno di vivere in questo bellissimo e contraddittorio paese.  


Wednesday, June 14, 2006

Riding Horse

Il cavallo è un animale splendido e straordinario; non avevo mai provato a cavalcare e, sinceramente, questa era una di quelle cose che mai e poi mai nella vita mi sarei sognato di fare. Poi ho avuto l’occasione e cosa dire… Vale la pena provare. Mi permetto di dare qualche indicazione:

- Prima di montare in sella, meglio togliersi subito dalla testa quella ossessiva immagine di Christopher Reeve. Ricordarsi solo di fare attenzione sempre e comunque, come alla guida di un’automobile, ma con un innegabile vantaggio: all’animale non piace schiantarsi, quindi spesso sopperisce alle nostre mancanze.
- Il cavallo non fa domande e, soprattutto, non risponde. Puoi parlare con lui senza temere repliche mentre lui può tranquillamente fregarsene di ascoltarti, avendone il naturale diritto. In ogni caso sempre meglio non esagerare.. Un nitrito di troppo indica insofferenza.
- Cavalcare è uno sport vero e proprio (sempre importante da sottolineare); non è solo l’animale che si trova sotto ad affaticarsi. I dolori muscolari del giorno dopo ne sono una prova evidente. Evito di specificare in quali zone del corpo..
- Puoi avere tutti i problemi, gli affanni, le incertezze e le preoccupazioni del mondo, ma durante un galoppo, passano in secondo piano.
- Posizionarsi dietro a un cavallo è da masochisti.
- Il cavallo è un quadrupede. Capita a tutti qualche volta di perdere l’equilibrio o di fare un piccolo passo falso, ma lui ha altre tre gambe che lo supportano continuamente. Meglio lasciarlo fare, soprattutto in discesa, quando sembra sempre sul punto di cadere. In realtà sa il fatto suo.
- Non tutti i cavalli sono buoni, ma la maggior parte sì. Per la loro dimensione possono incutere timore, eppure la grandezza è direttamente proporzionale alla delicatezza. Avendo tutta questa superficie e una pelle molto sensibile, hanno più parti esposte da difendere.
- Benvenuto nel fantastico mondo dell’equitazione. Da oggi non farai altro che parlare di trotto, passo, balzane, morsi, staffe, briglie, cavezze, nodelli, beccheggi, morelli, sauri e puledri. Questa ippoterapia aumenterà di certo la tua autostima personale…
- … ma non sei un cowboy dell’american country né tanto meno un prode cavaliere medievale dell’ordine dei Teutonici!
- Vedere un cavallo scalpitare per un pasto di erba dura, un paio di foglie e qualche rametto è uno spettacolo riappacificante.

Wednesday, June 07, 2006

Il ritorno del papa

Erano tutti lì, pronti ad accoglierlo. Sapevano che sarebbe venuto e per questo erano anche disposti ad aspettare numerose ore sotto un cielo a tratti plumbeo ma clemente. Benedetto XVI a Częstochowa. Un evento.

Mi reco nello spazio antistante il santuario di Jasna Góra. Ci saranno già 50 mila persone. E’ l’una del pomeriggio e l’arrivo del pontefice è previsto per le ore 18. Trovo un paio di metri quadrati liberi di giardino ancora a disposizione, ho le mani piene di volantini e libretti con le messe da recitare. L’atmosfera è quella calda, tenue e allegra di un normale pomeriggio primaverile. Qualche macchia nera nella folla: sono gruppi di suore dell’ordine di Nazareth. Le riconosci subito dal loro abbigliamento, dalla magrezza e dalla carnagione lattea. Non hanno, di solito, il sorriso e la simpatia immediata delle francescane, ma oggi sono così allegre e non fanno altro che abbracciarsi. Qualcuno canta, c’è chi ha iniziato a recitare un rosario, chi non fa altro che osservare i due grandi megaschermi che sono stati piazzati ai lati del palco e che ancora mandano, in differita, immagini delle messe in Vaticano. E sempre, uno sventolio di bandierine e di striscioni a sottolineare la trepidazione, l’attesa per qualcuno che dovrebbe arrivare dal cielo preceduto dal rombo confuso di un elicottero. Passo il tempo in silenzio ad ascoltare, guardare, aspettare. Accanto a me, sedute tra le altre, ci sono tre vecchie signore abbastanza arzille e piuttosto colleriche. Non fanno altro che difendere gelosamente questo piccolo territorio, questi 4 ciuffi d’erba, che con determinazione sono riuscite a conquistare, sbraitando abbastanza animatamente verso tutti coloro che in qualche modo abbiano una seppur minima intenzione di invaderlo. Sono ben organizzate: mentre tutti quelli che vedo (me compreso) testano a proprie spese la durezza e la scomodità del manto verde, le tre matrone riposano le schiene, agiatamente, su seggiolini portatili di ultima generazione. Sono passate un paio di ore e avverto un vago sopore, ma sono straordinariamente tranquillo e rasserenato, coccolato dai raggi del sole che a intermittenza illuminano questa piazza totalmente gremita di fedeli. L’atmosfera che vivo è riappacificante e invita ad una remissione e ad una riflessione spirituale. Capisco la necessità di momenti come questi in cui l’importante è solamente fermarsi, sedare il sistema nervoso, staccare la spina e lasciarsi stregare dal calore e dall’armonia dei colori. Ed è questo sicuramente l’aspetto più importante e elevato di questa visita.

Qualcosa rompe il silenzio. All’improvviso è un tumulto di grida e movimenti, tuttavia nessuno ancora è giunto; è solo iniziata la diretta televisiva e dai megaschermi, questa volta, è visibile la folla della piazza che non fa altro che rispondere agli zoom delle telecamere. Lo speaker intona qualche melodia religiosa; i più audaci si impegnano in assoli di pura lirica. Siamo vicini al momento cruciale e l’attesa rischia di trasformarsi in ansietà. Percepisco il valore, la forza simbolica e trascinante della chiesa, ma avverto ancora una sincera compartecipazione dei presenti, mescolata al ricordo malinconico dell‘indimenticabile Karol. Passano ancora pochi minuti ed ecco il cielo ravvivarsi delle tinte bianco rosse degli elicotteri Vaticani. Ovunque è gioia e esultanza rumorosa; non è solo un uomo, ma è il rappresentante di Dio che si presenterà a questo pubblico. Ed eccolo finalmente, il pontefice Ratzinger, lo sguardo affettuoso e un po’ stanco, le mani levate per un saluto sincero. Qualche lacrima scorre ripensando a colui che era qui, giusto pochi anni fa e che ora non c’è più. Quello straordinario polacco che sapeva conquistare tutti con le sue parole e il suo sorriso, anche gli spiriti più anticlericali. Troppo serio, troppo timido, troppo riservato questo papa per soddisfare le aspettative della folla qui presente; è una sensazione che non cessa di essere percepita e che anzi, trova conferma con il passare dei minuti oscurando talvolta i volti e le espressioni. Ma sarebbe perfino ingiusto lasciarsi sopraffare dai ricordi. Meglio restare in silenzio e pregare. E’ evidente, il meccanismo non funziona; l’organizzazione ecclesiastica dimostra tutte le sue crepe. L’atteggiamento dei cardinali ricorda molto la politica: lascia insensatamente un’immagine di freddezza e di distacco, oltre che di una pomposità esagerata. La ricca chiesa, con tutte le sue pratiche religiose è lì davanti ai nostri occhi e il povero e vecchio papa sembra esserne solo un’appendice. L’ondata d’amore e di partecipazione di 400000 persone non viene recepita e, soprattutto, non viene riflessa; questo rimane il particolare più spiacevole. Tutto scorre e si scioglie in pochi minuti. Non c’è tempo per i cori, per le risposte, per le dediche, per le omelie. Il protocollo esige rapidità, altre tappe attendono il pontefice nel suo programma di viaggio in Polonia. Ma ora, anche se tutti si affrettano a tornare nelle proprie case, resta il ricordo di una giornata speciale, che lascia un’eco viva in questa piazza; ha unito tutti anche se per poche ore , ha risvegliato sentimenti da troppo tempo sopiti.

Wednesday, May 24, 2006

Die Reise und Die Entdeckung

Un’interessante particolarità di Czestochowa è la sua posizione geografica. Sembra inverosimile eppure questa città dista esattamente 520 km da Berlino, 504 km da Vienna, 522 km da Budapest, 525 km da Praga, 442 km da Bratislava e 561 km da Kaliningrad. E’ come se fosse il centro di una ventaglio. Indubbio quindi che la collocazione strategica rispetto a queste metropoli europee ha sempre facilitato il turismo e il pellegrinaggio in questa città. Per chi già si trova qui, invece, questo particolare si può tradurre nella possibilità di viaggiare all’estero a poco prezzo. Le vie di comunicazione non sono ottimali, ma con un ordinario autoveicolo e un po’ di pazienza, in 7, 8 ore ci si trova nella capitale di uno stato adiacente.

Pochi giorni fa siamo stati a Berlino, una meta che da mesi mi ero prefissato di visitare anche se non riuscivo mai a trovare il momento giusto. Apertamente ammetto che tra le località che ho elencato sopra, la capitale tedesca era quella che, in un modo o nell’altro, avevo sempre lasciato come ultima scelta. Naturalmente, mi sbagliavo. Berlino si è rivelata un’intrigante e sorprendente scoperta anche se rimane l’obbligo di una premessa: stiamo parlando di un fenomeno anomalo. Questa città ha un gusto particolare che non si può cogliere al primo assaggio; merita attenzione, accondiscendenza e una profonda e lenta fase di degustazione. E’ come un arcobaleno sfocato di colori, un’aritmica dodecafonia, una multiforme scultura a tuttotondo. Un luogo che rimpiange passato e anela futuro. La parte Est, sicuramente più interessante, è un cantiere post-comunista in ricostruzione, decadente, non dissimile per molti aspetti alle più storiche località del regime sovietico ma che conserva ancora piazze di discreta bellezza, memori del Reich. Il lato Ovest invece, asettico nella sua modernità, è già simbolo della rinascita e dell’orgoglio tedesco, prodotto di un processo globalizzante tutto lustrini e futilità. Facile quindi rimanere abbagliati o sconvolti dalla visione dei vecchi palazzi crivellati di proiettili, dai resti raggelanti del muro e dalla percezione di quello che un tempo vi era e che oggi non vi è più. E perdonabile anche chi, dopo un breve soggiorno, pensi che fosse più interessante il passato, di quello che ne resta. Ma non si può prescindere da un tentativo basilare: quello di cogliere appieno l’intenso e originale sapore di questa città. Perché sono sicuro che quando ci si riesce, allora se ne rimane innamorati per sempre.
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Una perenne lacerazione tra passato e futuro, tra forte e piano, tra sopra e sotto, tra bene e male: questa è Berlino.

Monday, May 15, 2006

Sior Capitano

La nave è nel cantiere, sta per partire. Serve un capitano per questo viaggio. Scommetto che pochi tra l’equipaggio conoscano veramente lo stato dell’imbarcazione e la giusta rotta da seguire. Ma questo, ormai, non è più così importante. La vecchia, stanca ciurma, che ha viaggiato per lunghi anni tra gli oceani, che si è lasciata trascinare dalle correnti e cullare dalle onde, è pronta e vuole solo salpare. Ha passato il tempo a guardare le stelle, a cercare tesori nascosti; qualcuno ha un occhio solo, qualcun altro una gamba di legno, c’è chi parla nel sonno e, ancora, chi tenta solamente di farsi ascoltare; ma sono tutti qui ora, per questa vecchia barca, impazienti di levare l’ancora e spiegare le vele. Confidenti e fiduciosi, che non affonderà mai. Difficile scegliere un capitano tra questo equipaggio. Ma una decisione dovrà pur essere presa. La partenza è imminente, il viaggio sarà lungo, imprevedibile e nessuno tra i marinai sa se arriverà a destinazione. Il mare, soltanto il mare, ci darà una risposta.
Elezioni di Aprile 2006, Romano Prodi vince su Silvio Berlusconi per una manciata di voti.
Benvenuto a bordo, Capitano.
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Sior capitano aiutaci a attraversare
questo mare contro mano
Sior capitano, da destra o da sinistra non veniamo
e questa notte non abbiamo
Governo e parlamento non abbiamo e ragione
Ragione o sentimento non conosciamo
e quando capita ci arrangiamo
E ci arrangiamo.....
Francesco De Gregori, Natale di Seconda Mano

Wednesday, April 19, 2006

Habìbi (=amati) tunisini

Abbiamo scoperto due tipologie di tunisini, così, tanto per generalizzare. Quelli che aspettano e quelli che vendono. I primi sono decisamente inquietanti; li vedi lì dalla mattina alla sera in generale vestiti in nero, molto eleganti, appoggiati ad un muro o seduti ai tavolini di un bar a maneggiare sporadicamente un cellulare. Cosa attendono? L’occasione? La donna? L’estate? Le zanzare? La massa turistica invasiva cinese che minaccia da mesi di arrivare? Io non ne ho idea. Loro ce l’avranno? Poi ci sono i venditori. Decisamente la maggioranza. Non credo vi sia una persona straniera che sia stata in Tunisia, abbia provato a visitare il centro storico di una città, un museo o semplicemente abbia voluto comprare un pacchetto di sigarette fuori dall’albergo e non si sia vista disturbare più o meno simpaticamente da un mercante. I Tunisini sono maestri nell’arte della rivendita. Un buon agente rappresentante europeo dovrebbe farsi dare qualche ripetizione. L’approccio prossemico è quanto mai di contatto. Gli spunti per l’avvicinamento sono variegati, conditi spesso da qualche tocco, più raramente da uno spintone e decisamente SEMPRE da due parole pleonastiche in ordine random: “Ehi! English? Hablas Español? Italiano? Comment ça va? Look here!” Il primo giorno è shock.. Poi ci si diverte.. Alla lunga ci si stanca. La frase più divertente: “Ehi, amico.. Posso aiutarti a spendere i soldi?” Competere con questi personaggi è pressoché impossibile, anche perché ci sono anni, se non decenni, di esperienza dalla loro parte. La regola che si impara presto è evitare ogni contatto visivo anche se a volte può non bastare (soprattutto quando i più audaci si mettono davanti ad ostruirti il passaggio). In caso di acquisto la negoziazione è d’obbligo e richiede tempi lunghi e una buona dose di pazienza. Osservare la merce in silenzio è impossibile, perché appena si supera la distanza di sicurezza, il tunisino si scuote e comincia subito a consigliarti il prodotto. E la tecnica che ho provato ad utilizzare (“SE MI GIURI CHE NON PARLERAI PIU’ FORSE COMPRERO’ QUALCOSA!”) non sempre aiuta. Mai usare la dialettica, anzi, ho notato che molti turisti, arrivati a saturazione, provano ad ignorare totalmente ogni tipo di dialogo, sforzandosi a fissare un punto nel vuoto senza però riuscirci.
Un aneddoto da raccontare: stavamo tornando all’albergo quando si avvicina un tizio e mi dice: “Ehi amico? Comment ça va?” Ed io: “Bien, merci, Addio”. Allora aggiunge: “Ma perché non vuoi parlare? Non ti ricordi di me? Io lavoro nel tuo albergo!!!” Io lo guardo imbarazzato e in difficoltà. Per riprendermi rispondo: “Excusez-moi! Non mi ricordavo! Comment ça va?” e comincio a parlarci. Insomma il tizio mi racconta, che è stato in Italia, che vorrebbe tornarci, poi vuole vendermi qualcosa ma io non capisco.. e lo saluto. Sembrerebbe una cosa naturale. Il fatto è che il giorno seguente, per strada, incontro un altro tale, scuro, decisamente più grosso, che viene da me e mi dice: “Ehilà amico, italiano? Comment ça va?” Ed io, ancora, lo evito decisamente. Allora mi prende un braccio e mi dice: “Ma come? Non ti ricordi di me? Lavoro nel tuo albergo!” E QUI SCATTA IL SOSPETTO!! Allora questa volta, risoluto e determinato, reagisco: -QUALE ALBERGO?!? E qui il tale tace. -“QUALE ALBERGO?!?” Incalzo. Nessuna risposta… -“QUALE ALBERGOOOO?!?” Il tizio si gira e sparisce come un ninja. Incredibile.

Tunisia Magica

Ecco alcune foto del mio viaggio in Tunisia.
Detto tuareg:
"Dio ha creato terre coperte di acque perché l’uomo le abitasse; poi ha creato il deserto, perché l’uomo vi trovasse la sua anima"


Assolutamente da visitare!

Monday, April 03, 2006

You have a call...

Mondo di telefonini…. Mai spenti. Una delle cose che ho imparato ad accettare, facendo questo mestiere da tre anni, è la convivenza con le suonerie. Certo non è facile. La situazione è chiaramente immaginabile.. In aula a discutere sulle differenze fra un periodo ipotetico di secondo tipo ed uno di terzo, ed ecco all’improvviso, tra un congiuntivo imperfetto e un condizionale semplice, la terrificante melodia polifonica "Chihuahua".. Oppure, una piccola prova di conversazione in ambito role play ed ancora, immancabilmente, lo squillo monotono crescente di un Nokia 6600. Un test di fonetica? Di certo scatta una bella vibrazione, insieme alle note della colonna sonora di “Mission Impossible”.. Il più delle volte ci si ride sopra, ma è anche comprensibile che stare ogni giorno a contatto con questi apparecchi e con i loro possessori non è cosa da poco (soprattutto quando sono particolarmente irritanti, i secondi). Ricordo ancora una conferenza di circa un anno fa nella quale un professore, guarda caso tedesco, propose l’obbligo di spegnimento con sequestro incondizionato del bene ad inizio lezione e pronta riconsegna allo scadere. In quel tempo considerai la soluzione troppo drastica e rinunciai al provvedimento. Mi sembrava un’espropriazione, una violazione del normale e comprensibile diritto di rimanere connessi col mondo esterno; percepivo già la probabile apprensione di questi poveri studenti universitari che non avrebbero fatto altro che guardarlo, quel cellulare, per due ore di lezione, con un’ansia solamente da compatire e un istinto irrefrenabile ed esclusivo di riappropriarsene. Alla fine, emerse la pietà e prevalse la misericordia. Anche se tuttora il rimorso è misto ad un velato cinismo. Il desiderio di evirare ci sarebbe, è indubbio. Amputare l’arto, come si suol dire, semplicemente gettandolo dalla finestra in una parabola, assolutamente distruttiva, di chiamate non risposte e messaggi non inviati. Quante volte è comparso, da allora ad oggi, seppure per un singolo istante, per un solo barlume di follia elettronica omicida, questo raccapricciante pensiero. Spegnetelo questo telefonino o almeno rendetelo silenzioso.. Non credo che resisterò ancora a lungo. Solo un aspetto di una lezione interrotta da uno squillo è assolutamente e stupendamente indimenticabile. La disperata e deplorevole ricerca. Ed ora chiudete gli occhi e provate ad immaginarlo, perché è uno di voi, uno dell’aula accanto: “il cellulare suona, ma dov’è? Dove l’ho messo? Come? Nella borsa non c’è! Oddio, come posso fermarlo? Perché non ho cambiato questa stupida suoneria? Oddio, tutti mi guardano, Oddio Oddio.. ASPETTATE, LO SPENGO SUBITO!!! Ma perché non sta nella tasca del giubbetto? Oddio, eppure viene da lì il suono, ci giurerei.. Oddio, Dov’è? Dov’è? DOV’EEEEEEEEEEE’????”